Emozionando ad Hakuna Matata: un matrimonio perfetto

Paragrafo

Era il 2013 quando, nel bel mezzo di un pomeriggio come tanti, passato nel mio studio a sbrigare lavoro di routine, mi chiama Antonella De Dominicis.

Era il 2013 quando, nel bel mezzo di un pomeriggio come tanti, passato nel mio studio a sbrigare lavoro di routine, mi chiama Antonella De Dominicis.

Ciao Francesca. Che ne dici di inserire Emozionando, tra le offerte formative che Hakuna Matata prevede per i bimbi che frequentano il nido?

La proposta mi ha da subito entusiasmata. Portare il laboratorio esperienziale sullo sviluppo delle competenze emotive all’asilo nido coordinato e diretto da Antonella sarebbe stato fantastico!

Fino ad allora, infatti, avevo avuto modo di condurre il percorso, in asili nido e scuole materne la cui progettualità pedagogica, si basa su approcci teorici non specificati. In scuole, cioè, il cui progetto educativo manca di indicazioni su obiettivi di apprendimento epistemologicamente coerenti tra paradigmi psicopedagogici di riferimento e metodologia applicata.

Condurre Emozionando con i bambini delle sezioni medi e grandi dell’asilo nido Hakuna Matata sarebbe stata, finalmente, l’occasione di lavorare all’interno di un ambiente educativo costruito sugli stessi principi teorici del mio laboratorio. Un spazio di apprendimento centrato sul bambino, sul rispetto di lui come persona, sulla fiducia nelle sue innate potenzialità di crescita, di autoconsapevolezza, di autoregolazione. Un ambiente in cui la crescita biologica. psicologica e sociale del bambino è facilitata a partire dalla qualità della relazione con gli adulti di riferimento[1] come anche con il gruppo dei pari.

è cominciato così un percorso durato 5 anni che ha coinvolto più di 70 bambini e i loro genitori. Un cammino fondato sulla collaborazione tra me in qualità di facilitatrice, Lorena, Giulia, Chiara, Michela come educatrici di riferimento dei bambini, Antonella in qualità di coordinatrice e i piccoli abitanti di Hakuna Matata, come protagonisti dell’apprendimento, insieme ai loro genitori. Un viaggio che ci ha visto esplorare, una ad una, le emozioni fondamentali per trovarle e riconoscerle dentro di noi; che ci ha visto contattare e sperimentare insieme, come singoli e come gruppo, la gioia, la tristezza, la paura, la rabbia per scoprirle negli altri intorno a noi; che ci ha visto – attraverso l’uso di un linguaggio fantastico e narrativo, di colori e disegni, di musica e movimento, di personaggi da animare – giocare e agire le emozioni per comprenderne il senso e il vantaggio ai fini del nostro benessere come individui e come comunità di apprendimento.

Cominciamo dall’inizio: Che cos’è Emozionando?

Emozionando è un laboratorio per lo sviluppo del quoziente emozionale (QE)[2] dei bambini che trae spunto dall’Approccio Centrato sulla Persona di Carl Rogers[3], dal metodo sulla comunicazione efficace di Thomas Gordon[4], dai principi della Play Therapy non direttiva di Virginia Axline[5] e dal famoso Kids’ Workshop di Barbara Williams[6]. Tutti questi approcci teorici sono perfettamente in linea con i principi fondanti del progetto educativo di Hakuna Matata.

L’obiettivo del laboratorio è facilitare nei bambini il contatto con le emozioni, aiutandoli a riconoscerle in sé stessi e negli altri e a dare loro un nome. Aiutarli, poi, ad esprimere i loro sentimenti, utilizzando il linguaggio non verbale e verbale sia con i loro pari che con gli adulti di riferimento. I bambini in questo modo imparano a comunicare efficacemente riuscendo a dare soddisfazione ai loro bisogni, aumentando l’autostima e la sicurezza in sé stessi. Tutto ciò favorisce l’esplorazione dell’ambiente intorno a loro, l’espressione della creatività grazie alla quale imparano a trovare soluzioni originali alle sfide del percorso evolutivo, l’apprendimento esperienziale anche grazie al valore dell’errore.

Come ci si riesce?

Step n°1: reperire la materia prima!

Trattandosi di un laboratorio per imparare a conoscere e usare “bene”[7] le emozioni, è fondamentale che i bambini si sentano sicuri di poterle esprimere “cosi come le sentono” e “cosi come lo sanno fare” durante i vari esercizi di volta in volta proposti.

La sensazione di sicurezza è favorita da un ambiente relazionale accogliente, nel quale è possibile esprimere bisogni e sentimenti partendo dal modo in cui ognuno costruisce e decodifica la realtà. Uno spazio di apprendimento autenticamente libero dal giudizio e dal pregiudizio; fondato sulla fiducia[8] e sul rispetto di ogni singolo bambino in quanto persona capace di apprendere e di attivare risorse per risolvere i suoi problemi. Una dimensione laboratoriale che concede di sbagliare ed utilizzare l’errore a proprio vantaggio, per allenare l’abilità di autoregolazione. Un contesto reso “sicuro” dalla presenza di facilitatori dell’apprendimento attenti a non togliere potere[9] ai bimbi, bensì a rispettare i loro tempi e a facilitarli nella conquista degli strumenti con cui essere in grado di valutare i rischi per la propria incolumità, senza ledere la loro nobile voglia di lanciarsi nell’avventura della vita.

Step n°2: predisporre il setting.

Tenendo conto della particolare fascia di età dei bambini che incontro ad Hakuna Matata, ho costruito un ambiente di apprendimento funzionale a quanto appena espresso, basandomi su 3 coordinate:

  • la definizione di poche e semplici regole di comportamento;
  • l’allestimento di un’ambiente fisico facilitante e scevro da pericoli;
  • un’alleanza di lavoro tra le figure responsabili della facilitazione dell’apprendimento.

In linea con gli approcci teorici di riferimento, ho individuato regole di comportamento mirate a potenziare l’innata capacità di autoregolazione dei bambini:

  1. tutti siamo liberi di essere ciò che siamo[10];
  2. prendiamoci cura di noi stessi e degli altri evitando comportamenti pericolosi dal punto di vista fisico o psicologico.

In sostanza, invito i miei piccoli compagni di viaggio a partecipare agli esercizi nel modo che funziona di più per loro stessi: facendo, non facendo o facendo altro. Durante il laboratorio i bambini sanno di essere liberi di vivere le emozioni che provano momento per momento e di scegliere se e quando comunicarle.

Spiego loro che non sono liberi di agire comportamenti che possono arrecare danno o disagio a loro stessi o agli altri.

Essendo, i bambini coinvolti, di età compresa tra i 15 e i 36 mesi:

  • condivido le regole con il gruppo all’inizio del laboratorio e prima di ogni incontro. La ripetizione è utile a confermare l’esistenza del limite e assume una valenza per lo sviluppo di competenze cognitive e sociali.
  • costruisco il messaggio utilizzando il linguaggio narrativo.[11] Un linguaggio, cioè, al tempo stesso comprensibile e attraente: capace di attivare in loro curiosità, interesse e motivazione. Per rafforzare l’effetto del racconto delle regole mi avvalgo dell’aiuto di un puppet a forma di topino, morbido e vellutato al quale ho dato il nome di Mouse Mouse.

è mia cura, inoltre, spiegare ai bambini il senso delle regole, in termini di vantaggio personale e per il gruppo e cosa succede nel caso in cui le stesse non vengono osservate. Quando i bambini si esprimono liberamente agendo comportamenti che comunicano rispetto per sé stessi e per gli altri, l’incontro procede in modo scorrevole in un clima di serenità, scoperta e divertimento. Ogni volta che un comportamento trasgredisce una o entrambe le regole, il laboratorio si blocca. è un’occasione d’oro per facilitare l’apprendimento! Mi metto in ascolto del bisogno del bambino o del gruppo, cercando di dare voce alle emozioni in gioco e di focalizzare l’attenzione sugli effetti di quel comportamento. Infine, utilizzo la comunicazione in prima persona per invitare il bambino e tutto il gruppo a considerare modalità di comportamento più funzionali. L’ascolto empatico non giudicante e la comunicazione in prima persona permettono ai protagonisti (che decidono di correre in tondo, di strappare con la forza un gioco, di mordere, menare, di urlare e così via) di sentirsi legittimati nel loro sentire scoprendo al contempo che la particolare modalità che hanno agito per dare soddisfazione al bisogno percepito non funziona perché crea malessere nella comunità alla quale appartengono; di scoprire che esistono altri modi che funzionano di più per ottenere ciò che desiderano.

La consapevolezza delle conseguenze derivanti dal rispetto o dal non rispetto delle regole ha un’importante funzione per il potenziamento della capacità di autoregolazione, in quanto contribuisce a che i bambini interiorizzino le regole e le rispettino per scelta attiva anche in assenza dell’adulto.

Una volta stabilite regole e conseguenze, è importante predisporre lo spazio fisico per il laboratorio: un ambiente che faciliti l’espressione autentica delle emozioni e l’apprendimento dell’autoregolazione.

Con Antonella De Dominicis abbiamo convenuto che la sala più adatta per ospitare Emozionando sarebbe stata la stanza blu di Hakuna Matata. Le sue dimensioni sono tali da contenere i bambini (circa 10 per gruppo), me e l’educatrice di riferimento seduti in cerchio, lasciando al contempo uno spazio comodo e sicuro per i giochi di movimento. Alcuni minuti prima dell’inizio di ogni incontro, mi reco nella stanza per togliere mobili e giocattoli che normalmente la arredano. L’ambiente neutro, svuotato da fonti di distrazione, facilita la concentrazione dei bambini sulle attività di volta in volta proposte, prevenendo o limitando distrazioni e iper attivazioni comportamentali. L’atmosfera, infatti, rimane per la maggior parte degli incontri abbastanza rilassata e poco caotica.

Questa variabile, apparentemente semplice, raramente è realizzabile nelle strutture scolastiche. Frequentemente gli arredi sono pensati per agevolare il lavoro dell’adulto, piuttosto che il naturale processo di apprendimento dei bambini. L’asilo nido Hakuna Matata, di contro, è una struttura educativa centrata sul bambino dove la disposizione degli spazi e la scelta degli arredi sono congruenti ai principi teorici a cui viene ispirata la programmazione didattica.

Ciò ha rappresentato e rappresenta un indubbio vantaggio per il laboratorio sullo sviluppo dell’intelligenza emozionale che trova già disponibile un ambiente di per sé facilitante.

Altro elemento, sempre relativo al setting, efficace nel dare sicurezza e contenimento, è la presenza di “costanti” lungo tutto il percorso.

I bambini una volta invitati ad entrare, si siedono sul grande tappeto che ho precedentemente disposto al centro della stanza. Aspettano con impazienza la magia iniziale che li trasporta, con le ali della fantasia, nel mondo di Emozionando. La presenza della bacchetta magica e del puppet “Mouse Mouse”, gli occhi tenuti chiusi per creare maggiore enfasi alla situazione, accompagnano sempre questo momento introduttivo. Analogamente mantengo una ritualità alla fine di ogni sessione, invitando i bambini a tornare in cerchio per recitare, prima tutti insieme e poi a turno singolarmente, la formula magica che ci riporta nel mondo reale, caratterizzato da regole e tempistiche differenti. Nonostante spesso i bambini non riescano a rimanere in cerchio per tutto il tempo della magia, ho notato come, anche da posizioni periferiche rispetto al resto del gruppo, oppure impegnati a fare “altro”, essi fin da subito ne memorizzano la formula[12].

I materiali per i giochi rappresentano un elemento altrettanto importante per un setting facilitante. Per il mio laboratorio sulla sviluppo del QE ho scelto oggetti:

  • il più possibile neutri, per favorire la naturale spinta creativa dei bambini;
  • abbondanti, per facilitare la capacità dei bambini di autoregolarsi sulla quantità a loro veramente necessaria per soddisfare i bisogni di conoscenza e divertimento.[13]

Step n°3: creare alleanza

Uno dei principali compiti evolutivi della prima infanzia è la costruzione dell’identità del proprio sé. Dato che l’io si definisce grazie al tu, le interazioni con gli altri significativi influenzano il nostro modo di essere. I bambini, cioè, costruiscono la loro immagine di sé, per ampia parte, in forza di come quella viene loro rimandata dagli adulti di riferimento:[14] più sperimentano accoglienza, calore, autenticità, empatia, tanto più rafforzano abilità fondamentali per la vita[15] come la consapevolezza di sé, l’autostima, l’autoefficacia e la capacità di cercare soluzioni originali ai loro problemi, fidandosi di poter chiedere aiuto in caso di difficoltà.

Un ambiente di apprendimento facilitante è, allora, soprattutto un ambiente relazionale di qualità; ricco di rapporti fra le persone fondati su valori quali rispetto, lealtà, cooperazione. Crescere e apprendere in un tale clima facilita nei bambini la capacità di costruire relazioni efficaci e durature nel tempo.[16] L’opportunità di osservare figure adulte mettere in atto abitudini di comportamento “che funzionano” si rivela uno strumento particolarmente efficace per l’apprendimento delle competenze emozionali e sociali. I bambini, infatti, conoscono le loro emozioni ed imparano a gestirle e comunicarle correttamente proprio grazie al rapporto con le persone significative; ciò in quanto:

  • osservare che i grandi, nella medesima situazione provano emozioni simili e altrettanto faticose da gestire, legittima le loro difficoltà sollevandoli dal senso di colpa e di inadeguatezza;
  • avere il sostegno dell’adulto nel tentativo di riuscire ad abbinare al sentimento un comportamento socialmente accettato, riduce la sensazione di solitudine e aumenta la complicità e il senso di appartenenza;
  • confrontarsi con il comportamento agito dagli adulti di riferimento favorisce l’osservazione di strategie di coping differenti che, in alcuni casi, attivano percorsi di imitazione e rimodellamento delle abitudini disfunzionali.

Risulta, quindi, evidente come l’alleanza di lavoro tra chi facilita l’apprendimento (educatori e genitori) sia elemento essenziale per l’efficacia di qualsiasi percorso di crescita. Tanto più lo è per un laboratorio esperienziale sullo sviluppo delle competenze affettive, come Emozionando.

Nonostante tale concetto sia ampiamente descritto dalla letteratura scientifica, nelle strutture educative dove mi è capitato di condurre il laboratorio raramente ho riscontrato la dovuta attenzione a tale fattore. Di contro, le politiche educative di Hakuna Matata riconoscono il valore dell’alleanza, declinando il concetto sia all’interno del gruppo formativo, sia nella relazione scuola-famiglia.

D’accordo con Antonella circa l’importanza di condividere con educatori e famigliari dei bambini gli obiettivi di apprendimento e le strategie metodologiche specifiche del laboratorio da me condotto, abbiamo previsto momenti di incontro con entrambi. Tali figure avrebbero, infatti, quotidianamente, a scuola e a casa, sostenuto i bambini nel rafforzamento delle abilità emozionali apprese durante il laboratorio.

Al fine di raggiungere l’intesa necessaria, abbiamo disegnato due itinerari paralleli: uno in linea con il sapere e il saper fare delle educatrici ed uno ritagliato sulle competenze e le esigenze dei genitori.

Per il gruppo formativo, nel 2013, ho organizzato un briefing durante il quale ho illustrato tutti gli elementi che insieme di fatto costituiscono il laboratorio stesso: le basi teoriche, gli obiettivi di apprendimento, la metodologia didattica, gli esercizi previsti e i materiali utilizzati. Essendo, le educatrici, presenti durante i vari incontri, la cosa che mi preme di più anno dopo anno è concordare con loro un asse metodologico comune per evitare di inviare ai bambini doppi messaggi che avrebbero l’effetto di disorientarli e farli sentire inadeguati di fronte alle aspettative dell’adulto.

Differenze individuali permettendo, l’incontro con Lorena, Giulia, Michela e Chiara è stato carico di entusiasmo e convinzione. Abbiamo condiviso quanto Emozionando si incastonasse perfettamente nelle politiche psico-pedagogiche di Hakuna Matata. Comune, era allora ed è tutt’oggi, la convinzione che il benessere delle persone dipenda da “come” sono in grado di affrontare i momenti di difficoltà che la vita inevitabilmente pone di fronte.

I primi tre anni di crescita sono il periodo più “denso” e importante dal punto di vista dei compiti di sviluppo: si apprendono molte cose, si elaborano stati emotivi e si gettano le basi della personalità adulta[17]. Un periodo, insomma, in cui di difficoltà i bambini ne devono affrontare parecchie: alcune fisiologiche, altre legate alla storia personale. Parlare, camminare, mangiare e vestirsi da soli, addormentarsi nel proprio letto, condividere i giocattoli, accettare i NO, la nascita di un fratellino, la separazione dei genitori, cambiare casa, cambiare scuola e tanto, tanto altro ancora.

Durante quell’incontro iniziale è stato subito chiaro – a me come facilitatrice del percorso, ad Antonella De Dominicis come coordinatrice dell’asilo nido, alle educatrici tutte, come responsabili del percorso di apprendimento, che arricchire la proposta formativa di Hakuna Matata con un laboratorio specifico per lo sviluppo delle competenze affettive, avrebbe rappresentato un’opportunità di lavorare insieme per coltivare l’intelligenza emozionale e lasciar crescere il potere personale e la resilienza dei bambini.

Durante questi cinque anni, il gruppo formativo ha avuto anche l’opportunità di seguire percorsi di aggiornamento professionale, rafforzando abilità e competenze trasversali utili alla costruzione di una relazione di apprendimento/insegnamento di qualità. Il briefing iniziale e la formazione continua hanno posto le basi per l’alleanza di lavoro che, incontro dopo incontro, viene confermata attraverso l’esperienza condivisa sul campo con i bambini.

Le educatrici prendono parte alle singole sessioni di Emozionando mettendosi in gioco in prima persona: partecipano gli esercizi e, così facendo, rafforzano le proprie competenze emozionali. Possono sentirsi libere di sperimentarsi autenticamente con le attività di gioco proposte, in forza del fatto che ho esplicitato inequivocabilmente come “mia” la responsabilità del setting e della gestione del comportamento dei bambini, riservandomi la possibilità di chiedere il loro aiuto qualora ne avessi il bisogno. In questo modo, durante gli incontri, esse continuano ad essere responsabili del benessere dei bambini, senza avere nei loro confronti obiettivi didattici o normativi. Possono quindi concentrare tutta l’attenzione a fornire ai bambini la “base sicura”[18] di cui abbisognano per esplorare il mondo emozionale proprio ed altrui avendo al contempo un riferimento sicuro cui fare ritorno nei momenti di difficoltà o quando ne sentono il bisogno.

Cari Genitori,

vi scrivo per raccontarvi  e presentarvi Emozionando.

Per dirla in termini rogersiani, il laboratorio vuole facilitare nei bambini l’apprendimento delle competenze emotive; si propone, cioè, di aiutare i vostri figli a riconoscere le emozioni in loro stessi e negli altri, “qualità” che possiedono in modo naturale, e di aiutarli a mantenere questa consapevolezza durante la crescita, anche se il mondo esterno non sempre sostiene e incoraggia questo tipo di qualità. …

 

è questo l’incipit della lettera che invio ai genitori all’inizio di ogni anno scolastico. Lo scopo è quello di presentare il laboratorio, ma soprattutto mettere il seme della prossima alleanza.

Hakuna Matata fa una politica di comunicazione scuola-famiglia che rende i genitori parte attiva del processo di apprendimento dei bambini. Ho trovato quindi le porte aperte raccontando ad Antonella quanto sia per me importante incontrarli per renderli consapevoli e partecipi del particolare percorso che i loro figli intraprendono e quali frutti porteranno a casa.

Insegno ai bambini a sentire le loro emozioni cogliendone tutte le sfumature possibili, come fossero i colori di un arcobaleno; a chiamarle per nome quando le provano per scoprirne, meravigliati, il valore; a tenerle per mano e, insieme a quelle, prendere la ricorsa per superare gli ostacoli; ad usare gesti e parole per comunicarle a chi gli sta vicino, così da trovare sostegno per ottenere ciò di cui hanno veramente bisogno.

Tutto questo, i bambini che partecipano ad Emozionando, riportano a casa alla fine di ogni incontro e, passo dopo passo, come risultato del laboratorio. Non riportano disegni, mosaici, oggetti. Non recitano poesie, ne cantano canzoni. Non ballano, non suonano strumenti, non parlano una lingua straniera. Semplicemente rafforzano abilità per la vita che già hanno dentro di loro quando li incontro. Semplicemente conoscono sé stessi.

Parallelamente alla lettera, che Antonella invia in mia vece ai genitori dei bambini interessati, Hakuna Matata organizza un incontro iniziale di presentazione del laboratorio rivolto a chiunque sia curioso di saperne di più. Qui mi limito a dare informazioni generali sui contenuti, metodologia, calendario e modalità di iscrizioni.

Per i genitori che scelgono di offrire ai loro figli l’opportunità di partecipare al percorso esperienziale, programmo degli incontri periodici (circa uno al mese) allo scopo di tenerli sempre aggiornati sul processo. Ritengo fondamentale che i bambini, tornando a casa, possano condividere a pieno le conquiste fatte durante il laboratorio con le persone per loro più importanti al mondo. Ognuno di questi incontri con i genitori è dedicato all’approfondimento di una specifica emozione, la stessa che i bambini scopriranno nell’immediato futuro: da dove viene, perché mi serve, come la riconosco, quali comportamenti ci posso abbinare, come la spiego a chi mi sta vicino. Una parte della riunione è poi destinata al confronto sui progressi fatti dai protagonisti del laboratorio nella conoscenza dell’emozione esplorata in precedenza.

Ogni anno scolastico, verso maggio, l’ultima lezione del laboratorio, è dedicata a genitori e bambini insieme. è l’occasione per ripercorrere in pratica i momenti salienti del percorso fatto. Per 60 minuti, i cuccioli insieme alle loro mamme e ai loro papà giocano la rabbia, ballano la gioia, disegnano la paura, scoprono la meraviglia, sperimentano il disgusto, accarezzano la tristezza.

Alcuni di loro li rivedrò l’anno seguente; altri sono in uscita dal nido per entrare alla materna. L’idea che mi orienta nella costruzione dell’incontro finale è quella di lasciare al nucleo famigliare una mappa con la quale orientarsi per continuare in autonomia il percorso verso il raggiungimento di una sempre maggiore padronanza delle competenze legate all’intelligenza emozionale.

 

Concludendo

Questo racconto è frutto di tanti incontri: con i bambini, con i genitori, con le educatrici. Senza di loro non avrei avuto modo di sperimentare le molte idee ed esperienze che ho appena descritto. Senza la loro disponibilità, molti ricordi fatti di immagini, colori, risa e lacrime, parole ed espressioni, semplicemente non ci sarebbero ed io avrei ben poco da raccontare. E, soprattutto, il mio lavoro sullo sviluppo dell’intelligenza emozionale sarebbe stato più sterile, noioso, solitario.

Un grazie particolare, quindi, va ad Antonella De Dominicis per aver creduto nel progetto e scelto di renderlo un’opportunità reale per i bambini che frequentano il suo asilo nido. Durante questi cinque anni di viaggio, il ripetuto confronto con Lei, – psicologa dell’età evolutiva, coordinatrice del nido, amica –  ha reso il laboratorio più ricco, efficace, significativo.

In questi anni di Emozionando ad Hakuna Matata, ho incontrato bambini capaci di fidarsi di loro stessi, dei loro compagni, degli adulti che gli stavano intorno e lanciarsi alla scoperta delle loro emozioni e dei loro limiti. Curiosi di imparare come si può fare meglio. Entusiasti di scoprire il proprio potere insieme alla capacità di autoregolazione.

Ho conosciuto genitori tanto coraggiosi da stare in prima linea insieme ai loro figli per imparare come equilibrare ragione e sentimento per prendere decisioni ottimali. Intenzionati a colmare le lacune del proprio sapere e saper fare emozionale, pressoché universali in questo mondo.

Ho incontrato educatrici disponibili e attente ad approfondire le sfumature di quell’arcobaleno emozionale che permette di trovare una sintonia migliore con quel particolare bambino o quel particolare gruppo: che ha tempi propri, che è portatore di valori e bisogni solo suoi, che apprende percorrendo strade che lo rendono unico. Educatrici disponibili anche ad incontrare la famiglia, ad accogliere il genitore per come egli è; a renderlo partecipe dell’apprendimento del suo bambino. Aperte a confrontarsi con i propri limiti, a mettersi in gioco per riflettere sulle proprie risorse e motivate a potenziare la conoscenza dell’intelligenza emozionale per il proprio benessere e per il benessere dei bambini che seguono.

In queste pagine vi ho parlato di un percorso che non si è ancora concluso. Che, mi auguro, vada avanti verso mete sempre nuove e gratificanti per tutti i visitatori del magico e meraviglioso mondo di Emozionando.

 

Note bibliografiche

 

  1. Axline M. V. (1993), Play Therapy, New York, Ballantine Books; trad. it. (2003) Play Therapy, Molfetta (BA),Edizioni La Meridiana.
  2. Anfossi M., Verlato M. L., Zucconi A., (2008), Guarire o curare. Comunicazione ed empatia in medicina, Molfetta (BA), Edizioni La Meridiana.
  3. Bowlby J. (1989), Una base sicura, Milano, Raffaello Cortina Editore.
  4. Camaioni L. (a cura di) (1999) Manuale di psicologia dello sviluppo, Il Mulino, Bologna.
  5. Coddetta F., Maio S. (2012), Nuove prospettive del Kids’ Workshop. Una sperimentazione nel nido con bambini tra i 2 e i 3 anni, ACP – Rivista di Studi Rogersiani, Roma.
  6. Gordon T. (1970), E.T., Teacher Effectiveness Training: The Program Proven to Help Teachers Bring Out the Best in Student of All Ages, New York, Three Rivers Pr.; trad. it. (1994), Insegnanti efficaci, Firenze, Giunti Barbera.
  7. Maio S., Bonucci B., Di Serio Benvenuti P. (a cura di) (2004), Manuale teorico del facilitatore Kids’ Workshop, Istituto dell’Approccio Centrato Sulla Persona (a solo uso interno IACP).
  8. Rogers, C. (1969), Freadom To Learn, Colombus, Ohio, Charles E. Merrill Publishing Company; trad. it. (1973) Libertà nell’apprendimento, Firenze, Giunti Barbera.
  9. Rogers, C. (1980), A Way of Being, Colombus, Ohio, Charles E. Merrill Publishing Company; trad. it. (1983) Un modo di essere, Firenze, Martinelli.
  10. Satir V. (1988), The New Peoplemaking; trad. it. (2000), In famiglia… come va?, Alessandria, Editrice Impressioni Grafiche.
  11. Sunderland M. (2000) Raccontare storie aiuta I bambini, Edizioni Erickson, Trento
  12. Williams B. S., (1996), Guida del facilitatore Kids’ Workshop, Istituto dell’Approccio Centrato Sulla Persona (a solo uso interno IACP)
  13. Williams Williams S. B., (1992), Kids: A Profound Way Of Being, Rivista di Studi Rogersiani, Roma
  14. http://www.kids-workshop.com/workshop-kids.html
  15. https://www.dors.it/documentazionetesto201703/1993%20OMS%20lifeskill%20SCHEDA.pdf
  16. http://www.asilonidohakunamatata.it

[1] Rogers C., 1969
[2] Goleman D., 1997
[3] Rogers C.,1980
[4] Gordon T., 1970
[5] Axline M. V., 1993
[6] http://www.kids-workshop.com/workshop-kids.html
[7] Con “bene” intendo usare le emozioni per comunicare agli altri i propri bisogni in un modo che sia comprensibile e socialmente accettato ottenendo; una modalità che aumenta le probabilità di trovare soddisfazione ai bisogni stessi
[8] Axline V., 1947
[9] Rogers C.,
[10] Rogers C., 1958
[11] Sunderland M., 2000
[12] Coddetta F., Maio S., 2012
[13] Williams B., 1996
[14] Anfossi M., Verlato M. L., Zucconi A., 2008
[15] OMS, 1993
[16] Anfossi M., Verlato M. L., Zucconi A., 2008
[17] Campioni L., 1999
[18] Bowlby J., 1989

Quando discuti con tuo figlio come risolvi la situazione?

Quando discuti con tuo figlio come risolvi la situazione?

Il metodo senza perdenti per risolvere i conflitti con i nostri figli.

Che sia per l’ora di andare a dormire, per l’ordine in cui tiene la propria camera; per il tempo che ci mette a prepararsi e fare colazione la mattina

Che sia per il genere musicale che ascolta o il tempo che passa ai videogiochi; per lo sport o il metodo di studio

Quando scoppia una lite, voi come risolvete la situazione?

La tendenza più comune è ancora quella di ricorrere ai metodi tradizionali che vedono i contendenti vincere o perdere in base alle circostanze. Genitori e figli sono preoccupati di non ottenere ciò che vogliono e concentrano la loro attenzione sul riuscire ad imporre il proprio punto di vista.

A volte con autorità usiamo il potere obbligando i nostri figli a fare ciò che chiediamo loro. Altre volte lasciamo correre permettendogli di agire secondo i loro desiderata.

Sebbene questi metodi nel breve termine risolvono il conflitto, a medio e lungo termine affaticano la relazione famigliare. Indipendentemente dal risultato, sia che vinciamo sia che perdiamo, queste esperienze generano sentimenti quali: inadeguatezza per non essere riusciti nel nostro intento iniziale; sfiducia in quanto non ci sentiamo rispettati dall’altro; tristezza e delusione perché i nostri bisogni rimangono insoddisfatti. Ne vale la pena?

La strategia del compromesso per risolvere un litigio è efficace?

Altro metodo molto utilizzato per risolvere le divergenze in famiglia è il compromesso. Questa strategia vede noi genitori e i nostri figli impegnati nella contrattazione per ottenere ciò che vogliamo ancor prima di avere chiaro il perché lo vogliamo.

Motorino o macchinetta? A letto da solo o nel lettone con mamma e papà? Prima i compiti o i videogiochi? Portiamo o no il giocattolo a scuola? Forse vi siete riconosciuti in uno o due di questi esempi; o magari ne avete uno vostro da raccontare…

Fatto sta che il compromesso consiste in un gioco di negoziazione in cui sia i genitori che i figli rinunciano alla soddisfazione di una parte dei loro bisogni per ottenere alcune cose in cambio.

La domanda è: “A quanto dovrò rinunciare? Riuscirò a farne a meno? Per quanto tempo?”

Una volta raggiunto l’accordo, il sentimento che generalmente resta è quello di una soddisfazione soltanto parziale che lascia un certo retrogusto amaro. Inoltre, genitori e figli concentrano le loro energie a controllare che l’altra parte rispetti l’accordo, piuttosto che collaborare nella direzione di un obiettivo condiviso.

Il compromesso ha un effetto meno pericoloso per la relazione famigliare rispetto ai metodi vinci-perdi, ma c’è un opzione che porta a risultati più soddisfacenti.

Il metodo vinci-vinci ovvero il metodo senza perdenti.

Mi riferisco al famoso metodo vinci-vinci che costituisce uno dei cardini del corso Genitori Efficaci ideato dal dr Thomas Gordon.

Se vuoi saperne di più sul metodo Genitori Efficaci clicca qui

Questa strategia di risoluzione dei conflitti vede genitori e figli impegnati insieme nella ricerca di una soluzione che sia pienamente soddisfacente per entrambi. Essi cooperano per prendere una decisione che rispetti i bisogni di tutte le persone coinvolte. Possiamo chiamare questa strategia metodo senza perdenti.

Quali sono i passi principali del metodo senza perdenti?

Prepara il terreno

Inizia rassicurando tuo figlio che ciò che vuoi è cercare insieme una soluzione che renda felici tutti. Spiegagli in cosa consiste il metodo senza perdenti in modo che lui possa sentirsi parte attiva della ricerca.

Comincia parlando di te

Racconta a tuo figlio in modo autentico quali sono esattamente i tuoi bisogni in modo che lui possa comprendere il motivo per il quale gli stai chiedendo di modificare il suo comportamento e non si senta manipolato. In questo modo lui sarà disponibile ad ascoltare ciò che tu vorrai dirgli.

Ascolta attivamente

Ascolta tuo figlio accentando i pensieri e i sentimenti che ti racconta. Sospendi il tuo giudizio e assicurati di aver compreso con accuratezza i suoi bisogni chiedendone conferma a lui.

Assicurati che tuo figlio abbia compreso la soluzione

Quando proponi le soluzioni, scegli un linguaggio che sia facilmente comprensibile per tuo figlio in modo  che lui possa essere pienamente consapevole della soluzione che sceglie. Perché il metodo senza perdenti funzioni, è fondamentale che la decisione presa soddisfi i bisogni di entrambi.

Coopera per trovare la soluzione condivisa

Il metodo senza perdenti allena genitori e figli gestire i conflitti in modo costruttivo rafforzando la relazione famigliare. Entrambi cooperano nella ricerca di una o più soluzioni nel rispetto dei bisogni di tutti i membri della famiglia. I sentimenti che si generano sono di lealtà e fiducia reciproca, sicurezza in sé stessi e senso di adeguatezza.

Assicurati che funzioni

è importante che verifichi periodicamente che la soluzione scelta porti ai risultati sperati. Se non funziona può essere che alcuni dei bisogni in gioco non siano stati ben individuati; oppure che con il passare del tempo i tuoi bisogni di genitore o quelli di tuo figlio siano cambiati.

Ogni situazione vuole la sua soluzione

Il problema può essere lo stesso, ma ogni persona è unica. Il metodo senza perdenti è la soluzione che funziona  basata sull’incontro dei bisogni di tutte le persone coinvolte in quella specifica situazione.

Non perdere l’occasione di incontrare formatori certificati del metodo Gordon a cui fare domande o esprimere dubbi sul funzionamento del metodo senza perdenti: partecipa all’Open Day che si terrà a Roma:

lunedì 12 novembre presso Hakuna Matata dalle 17:00 alle 19:30

sabato 17 novembre presso Arti&Suoni dalle 10:00 alle 12:30

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